Notabene – Massimo Folador
Un binomio possibile
È forse opportuno oggi aiutare le persone a comprendere meglio alcuni argomenti, le cui implicazioni riguardano la nostra società e il nostro tessuto economico, ma di cui si parla talvolta in modo poco chiaro o ridondante.
Così è per due temi e opportunità determinanti nello sviluppo dell’economia e delle nostre imprese: il tema della sostenibilità e dell’intelligenza artificiale. Lungi da me, in queste poche righe, provare ad approfondire entrambi, rischierei di aggiungere confusione al turbinio delle informazioni che li riguardano, ma mi piace l’idea di individuare qualche aspetto comune, quasi a voler capire se due aree di riflessione cosi ampie ed apparentemente distanti, siano invece due facce della stessa medaglia o, almeno, abbiano alcuni punti in comune, che sarebbe bene cogliere per poter usare sapientemente la forza presente sia in una strategia d’impresa tesa alla sostenibilità, sia nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale intesa come supporto fondamentale ma non unico alla stessa.
Il primo aspetto riguarda un tema che è stato poco sollevato fino ad oggi: la carenza di risorse, naturali e sociali, presenti nel contesto in cui operano le aziende, un elemento centrale che è all’origine della ricerca di soluzioni tese alla sostenibilità di un’impresa e della società nel suo complesso.
Se ne parla poco ma accanto ai grandi temi sociali ed ambientali che sono oramai sotto gli occhi di tutti si fa strada un problema fondamentale per ogni impresa: l’utilizzo di risorse economiche e non, nello sviluppo di qualunque modello di business. È chiaro che la sostenibilità ambientale, con tutte le scelte e gli investimenti che ne derivano, è un dovere civico e personale ed è altrettanto chiaro, come sosteneva oramai tanti anni fa la Commissione Brundtland, che “lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri”.
Ma è altrettanto chiaro che fare impresa senza le risorse che derivano dall’ambiente – dall’energia alle materie prime – è impossibile, a meno che l’intelligenza umana e, soprattutto, quella artificiale, come in parte sta iniziando ad accadere, possano individuare e contribuire a sviluppare processi e strumenti innovativi che vadano verso un’economia sempre più circolare. Penso alle energie rinnovabili in primis, con tutte le derivazioni possibili, ma anche a processi produttivi che sempre più possano minimizzare gli scarti e puntare ad un vero riciclo e all’efficienza.
Ma sul tavolo di tante nostre aziende, da tempo orami, sono arrivati prepotentemente i temi legati alla sostenibilità sociale, ovvero tutto quel mondo di relazioni che di fatto generano l’impresa e decretano la sua capacità di generare valore nel tempo. Basti pensare a quante riflessioni in questi ultimi mesi, tanto più a ridosso della nuova legge finanziaria, sono state fatte sulla denatalità o sulla gestione dei flussi migratori. Temi che solo qualche anno fa avremmo indicato come “temi sociali” sui quali era bene che fosse solo la politica ad agire e a trovare le soluzioni.
Ma è proprio su questi temi che l’intelligenza artificiale mostra il suo “lato debole” ed entra in gioco qualcosa che va persino oltre l’intelligenza umana. Nel cercare (e trovare) soluzioni a questioni così impregnate di umanità e valori, entra infatti in gioco l’ingegno, la creatività ma, soprattutto, la volontà, a volte assopita nell’uomo ma sempre presente, di lavorare per il “bene comune” attraverso quei valori, per l’appunto, che determinano l’agire di tante persone.
È in questo contesto di carenze di risorse, paradossalmente sempre meno monetarie (senza per questo non prendere in esame problemi come l’inflazione o l’accesso al credito), che entra in gioco l’intelligenza artificiale, intesa proprio come “intus- legere”, capacità di leggere tra le righe, di guardare in profondità cose e persone. Artificiale perché va oltre la capacità dell’uomo di raccogliere informazioni da “leggere” per recuperare una sintesi ampia, ben articolate e oggettiva. È chiaro che in un contesto di risorse limitate nel quale diventa fondamentale cercarne di nuove o, meglio, trovare innovazioni per utilizzare al meglio quelle già esistenti, l’intelligenza artificiale può giocare un ruolo fondamentale proprio in virtù di questa capacità sistemica ed analitica assieme. Così come sta già avvenendo e come oramai testimoniano tante sperienze a riguardo, dal settore della salute alla finanza, dall’ingegneria alla stessa economia.
Diversa però la situazione quando si tratta di affrontare problematiche sociali, lì dove la conoscenza del fenomeno non corrisponde alla sua soluzione, perché entrano in gioco elementi maggiori e più sensibili, valori e finalità che hanno bisogno di altre competenze e altre coscienze. Non sarà semplice, forse impossibile, lasciarci guidare dall’intelligenza artificiale quando si tratterà di valutare nuove progettualità e scelte tese a migliorare la situazione sociale, a migliorare il benessere delle persone, nel senso più ampio e profondo e quello delle relazioni. Sia quando questo si traduce in vita quotidiana, sia quando questo diventa progettualità di caratura internazionale con risvolti economici ma anche culturali e religiosi. Su queste problematiche sociali, annose e delicate, serve molto più che l’Intelligenza artificiale, serve un’intelligenza “umana” che si faccia illuminare da quei valori che rendono possibile la convivenza, come l’altruismo, la capacità di collaborare, la compassione.
Ecco che qui il binomio possibile tra sostenibilità e intelligenza (umana e artificiale) si può realizzare felicemente: la prima crea futuro per le persone, le imprese e la società, ma ha bisogno di ogni tipo di intelligenza per realizzarsi. E quindi di consapevolezza, responsabilità e desiderio di collaborazione, che ne devono essere gli ingredienti principali.