NotaBene – Massimo Folador

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Le peculiarità della Società Benefit

I giorni scorsi ho avuto l’opportunità di trascorrere una giornata in montagna con Mauro del Barba, amico e senatore a cui dobbiamo la legge sulle Società Benefit.

Un’opportunità sia perché è un piacere dialogare con persone che conoscono l’evoluzione della società, e allo stesso tempo danno il loro contributo perché l’economia sia un elemento centrale di quella stessa società, sia per aver potuto fare assieme il punto della situazione sulle Società Benefit a qualche anno di distanza dalla promulgazione della legge.

Askesis è Società Benefit ormai da cinque anni e abbiamo avuto l’opportunità di accompagnare nel passaggio a Società Benefit decine di aziende: da piccole a grandi, nel settore della produzione e dei servizi, e oggi questo lavoro appassionato e in continua evoluzione ci permette di fare alcune considerazioni e, personalmente, di trarre delle conclusioni positive che ho voluto condividere anche con Mauro.


La prima è forse la più importante. Mi occupo personalmente e poi con Askesis da più di 20 anni di processi di miglioramento aziendale ma è la prima volta che, grazie anche ai dettami della Legge, nel fare consulenza vedo evolvere concretamente delle situazioni aziendali a volte complesse e progredire i risultati che ne conseguono, siano essi economici, di efficienza dell’organizzazione e/o di miglioramento del clima e delle performance. Non è magia, ma il risultato dell’esperienza e delle competenze accumulate in tanti anni di attività svolte in Askesis e in Università, esperienze che hanno permesso di attivare un processo virtuoso fatto di riflessioni, prassi e strumenti oggi fondamentali nella gestione sostenibile di un’impresa. Ma è indubbio che la legge sulle Società Benefit ci è stata di grande aiuto nel perfezionarlo e farlo diventare un modello ed è stata soprattutto di grande aiuto agli imprenditori e ai manager che con noi hanno portato avanti questo percorso e reso “istituzionale” e operativo assieme.


E questa è la seconda considerazione estremamente positiva. La legge evidenzia e “obbliga” a lavorare su alcuni aspetti fondamentali del fare impresa, come la definizione di alcune finalità che possono diventare degli intenti strategici di sostenibilità veri e propri; suggerisce la loro strutturazione in un piano; richiede una rendicontazione annuale delle attività sviluppate, dei risultati ottenuti e degli obiettivi futuri, affidando la responsabilità del processo ad un Responsabile d’Impatto. Attività e adempimenti che, se vissuti senza il necessario coinvolgimento di chi lavora o governa l’azienda, possono sembrare dei semplici doveri e che invece, inseriti in un percorso formativo e operativo condiviso, possono diventare delle pietre miliari della strategia di sostenibilità di un’impresa e leva determinante nel raggiungimento dei risultati, sia in ambito economico, che sociale e ambientale.


E siamo alla terza considerazione. Un giusto “utilizzo” della legge permette di comprendere che gli adempimenti richiesti sono e restano degli aut aut, a partire dalla definizione delle finalità di beneficio comune da inserire nello Statuto, fino ad arrivare al Report di Sostenibilità ma, ciò che conta, il vero cambiamento è dato dal coinvolgimento delle persone nel passaggio a Società Benefit e da tutto ciò che, coerentemente ne consegue. Proprio per questo nel nostro percorso di affiancamento alle imprese verso la Società Benefit, abbiamo previsto dei momenti formativi che permettono di avere consapevolezza della portata strategica di questo passaggio e di approfondirne l’aspetto culturale e valoriale, ma abbiamo anche organizzato delle attività operative che vedono un team di progetto lavorare assieme sulle finalità di beneficio comune e, via via, su tutti gli aspetti operativi e strategici, non ultimi quelli legati allo sviluppo delle attività pianificate e della rendicontazione.


Questa scelta, oltre ad ottemperare ai dettami della legge fa sì che la struttura portante della stessa, così come era nelle intenzioni originali, diventi un “percorso formativo e di facilitazione” grazie al quale definire assieme dapprima gli intenti strategici di sostenibilità (ciò che l’azienda intende fare in rapporto agli stakeholders), poi gli obiettivi e le azioni che ne derivano (il piano strategico di sostenibilità) e al termine del percorso gli strumenti per valutarne l’impatto e migliorarlo (la Relazione d’Impatto/Report di Sostenibilità). Il tutto reso ancora più concreto e fattibile grazie al fatto che le finalità vengono inserite nello Statuto e diventano così la “struttura” portante delle azioni successive.


Un’ ultima riflessione su due elementi centrali della legge: l’obbligo di stilare una Relazione d’Impatto e di avere un Responsabile d’Impatto che possa seguire e implementare il processo di miglioramento.


Le nuove normative europee hanno riportato l’attenzione sui temi della compliance, quasi a dire che l’Europa (e la legge sulle Società Benefit d’altro canto) ci obbligheranno sempre più ad adottare questi strumenti di analisi. Quasi sorrido a queste affermazioni perché è come se ci dicessero che abbiamo l’obbligo di fare un esame quando sopravvengono problemi di salute, scelta che facciamo ben volentieri. O come se un atleta professionista si sentisse obbligato a misurare i risultati raggiunti in allenamento, attività fondamentale per migliorare. Gli strumenti di rendicontazione, al di là degli aspetti normativi, aiutano a valutare le performance in termini di sostenibilità, in un momento in cui quest’ultima è il driver principale, con la tecnologia, dello sviluppo di un’azienda e sostengono la sua efficienza anche rispetto alle richieste sempre più frequenti degli Istituti finanziari. Quando un’azienda diventa Società Benefit si avvale di una norma per produrre un cambiamento positivo e introdurre modelli economici innovativi e al passo con il contesto e la complessità. Accanto ad elementi normativi c’è tanta strategia, tanta operatività, tanta sostanza.


Di qui il fatto che la legge chieda che ci sia una persona, il Responsabile d’Impatto, che presieda e coordini le attività e sia responsabile delle stesse e dei suoi impatti. Se così non fosse la responsabilità finirebbe tra le tante incombenze del legale rappresentante ed invece, proprio perché l’essere “Benefit” vuole e deve essere una scelta strategica, è fondamentale che il Responsabile d’impatto sia una persona di Governance capace di influenzare scelte e investimenti.


Non avrei fatto queste considerazioni se Askesis non fosse diventata Società Benefit diversi anni fa e non avessimo sperimentato da una parte l’impegno che serve mettere per “esserlo veramente” e dall’altra anche i risultati tangibili che questo lavoro produce.