Notabene – Massimo Folador
L’inafferrabile senso del Natale
Poco più di un anno fa, a novembre 2023, è uscito il mio ultimo libro, un romanzo: “L’inafferrabile senso della vita”. Un libro che mi ha accompagnato lungo tutto l’anno, attraverso gli incontri avuti durante le tantissime presentazioni, le riflessioni che ne sono conseguite, e quel po’ di commozione che spesso accompagna la vita quando è ricca di senso.
In quest’ultimo NotaBene dell’anno, quasi a ridosso del Natale, mi piace l’idea di riprendere il titolo del libro e di riproporlo in un’altra veste, “L’inafferrabile senso del Natale”.
Inafferrabile perché, ancora una volta, questa festa sacra ripropone la vita e i suoi misteri più grandi: la paura, la fuga ma anche la speranza e la gioia che si annidano in una nascita. Ripropone uomini e donne alle prese con la loro forza e nel contempo fragilità, a partire da Maria e dalla sua dolce caparbietà, ma anche dal fare incomprensibile dei potenti che si fanno prima incuriosire da questo bambino senza patria e poi terrorizzare.
Ripropone noi davanti agli eventi di ogni giorno, talvolta anche capaci di gesti eroici, come quello di un uomo, Giuseppe, che resta accanto alla propria donna pur di “in-seguire un sogno” alle prese con tanti impedimenti, come tanta gente di Betlemme, capace di sbattere le porte davanti ad una giovane in attesa di partorire. C’è un sacco di umanità nel Natale, così come ci sono, nel contempo, tanti gesti e parole sacre, c’è tanta vita a volerla vedere. E forse proprio per questo motivo questi giorni che ci attendono meriterebbero un attimo di silenzio in più, un tempo trascorso ad ascoltare e ad ascoltarsi, piuttosto che ad ammirare l’ennesima vetrina, dell’ennesimo negozio.
Per farvi i miei e i nostri auguri più cari ho scelto un brano del libro che credo possa raccontare questo sguardo attraverso le parole di un uomo, don Erasmo Valenti, il protagonista del libro, realmente vissuto nel paese dove io sono cresciuto, proprio negli anni in cui il regime fascista prendeva il potere in Italia. E da cui io ho preso ispirazione per romanzare questa storia. Un uomo qualunque mi verrebbe da dire, alle prese con un momento storico complesso, però pieno della sua voglia di vivere in modo autentico. Ricco di quel senso che anche noi proviamo a cogliere e a dare nel nostro lavoro di ogni giorno, ben sapendo che serve attraversare ogni momento, di ogni giornata, di ogni relazione.
Don Erasmo, come tanti di voi, mi ha accompagnato in questo anno pieno di insidie ma anche bellissimo, zeppo di pericoli ma anche di soddisfazioni. E per questo anche adesso, mentre scrivo, continuo a pensare alla festa che vivremo tra qualche giorno e sorrido all’idea che anche per noi spesso una porta chiusa in faccia è il preludio di una nascita. E una possibile fuga può diventare un ritorno.
Buona lettura allora e spero che le parole di questo brano, nella loro semplicità, possano farvi da compagnia nei prossimi giorni e, chissà, essere un altro piccolo modo per gustare il “senso del Natale”.
Massimo
“Non avrei mai detto che un compito impegnativo
come quello delle benedizioni natalizie sarebbe diventato
una delle attività più gradite del mio lavoro. Proprio
io, che tutti in seminario ritenevano essere un orso più a
suo agio nelle letture solitarie che in una cena tra compagni.
E invece anche a Induno è accaduto il contrario,
perché da quando ho iniziato le benedizioni, in ogni famiglia
che mi dà il benvenuto mi sembra di essere a
casa mia, a mio agio tra persone che mi sembra di conoscere
da anni. E mi appassiona ascoltare le loro storie,
quelle che compaiono dopo aver consumato i convenevoli,
attorno ad un piatto di pasta o mentre sussurriamo
insieme una preghiera.
Oggi è l’ennesimo giorno e spero tanto possa riaccadere
la stessa magia.
So che Induno non è Oriano, qui la gente è all’apparenza
diversa però non cambia il Natale e la sensazione di poter
respirare il gusto di una vita che nasce. Avevo proprio
bisogno di questi incontri così semplici e di stare
accanto a persone che mi assomigliano. Probabilmente
ho voglia anch’io di rinascere e sentirmi raccontare
quello che accadrà tra qualche giorno, al riparo in una
stalla. Ho voglia di risentire addosso la
stessa emozione che provavo quando rimanevo per ore
davanti al presepe che mio padre costruiva sotto la tettoia,
incantato da alcune statuine consunte dal tempo e
dall’odore del muschio. Chissà quanta parte della mia
vocazione è legata a quei presepi e a quelle statuine che
ancora oggi ricordo a una ad una, a questo sentore di
pace che in questo periodo non mi abbandona.
Torno a dirmelo adesso, come fosse una nenia da non
dimenticare, mentre busso alla porta della prima casa
perché è bene che io continui a raccontare che è sempre
possibile incontrare un bambino accolto in una mangiatoia
e lasciare che quella luce diventi una buona novella.
Diventi Natale.”
Brano tratto da “L’inafferrabile senso della vita”, Il pozzo di Giacobbe editore.