Notabene – Massimo Folador
Prendersi cura. Fare impresa.
Non ricordo che cosa mi avesse spinto nel 2008 a chiudere uno degli ultimi paragrafi del mio secondo libro, “Il lavoro e la Regola”, con un passaggio sul “prendersi cura”.
Certo, il libro era un lungo “cammino” intorno al tema della responsabilità intesa come frutto di ascolto e consapevolezza, per poi divenire, per l’appunto, decisione, ma il tema della cura era ancora ben lontano dall’essere accolto come un valore anche in azienda.
È però passata tanta acqua sotto i ponti da allora e la complessità del contesto attuale da una parte, così come l’accelerazione sul tema della sostenibilità dall’altra, hanno reso questo tema più vicino a noi e al nostro lavoro quotidiano.
Al punto che alla “Serata Benefit” di Askesis di quest’anno – che abbiamo vissuto assieme ieri sera – abbiamo voluto dare proprio questo titolo: “Prendersi cura. Fare impresa”.
Ma perché libri, ricerche, convegni dedicano un’attenzione sempre crescente a questo tema? E perché può essere così importante per le nostre imprese in questo frangente?
Il modello dell’economia classica ci aveva abituati a lavorare su alcune leve di sviluppo prevalentemente economiche, attraverso una dinamica coerente con quegli asset: la dimensione finanziaria dell’impresa, piuttosto che altri elementi patrimoniali come le materie prime o i macchinari. Era normale il fatto che questo tipo di risorse chiedesse principalmente degli investimenti dello stesso tipo, per lo più economici, o, al massimo, un’attenzione al loro uso di natura tecnica. Basti pensare al lavoro fondamentale nella gestione di un’azienda di commercialisti e revisori, o a quello dei tecnici di produzione e dei responsabili acquisti. Era corretto che una leva di tipo economico fosse supportata da una dinamica pressante di tipo economico, al punto tale che se pensiamo alla parola “investire”, da una parte troviamo il concetto di miglioramento e di ottimizzazione di un bene o di un processo, ma dall’altra anche l’idea di un’azione fatta con una forza ai limiti del sopruso (basta pensare a un sinonimo di “investimento”, che è “incidente”). Ma a ben vedere il gergo aziendale è ricco di termini che provengono dal linguaggio comune, spesso da quello militare, e non è un caso che proprio la gestione della dimensione economica ne erediti una parte.
Diverso invece è l’atteggiamento di fronte ai nuovi modelli di economia, quelli che potremmo definire di “Economia Integrale” nei quali, accanto ad una giusta dimensione economica e di profitto, cresce l’attenzione per tutti coloro che producono un “valore” maggiore e più sostenibile: gli stakeholders, siano essi i collaboratori, i clienti, i partner, la comunità locale e l’ambiente.
Certo, anche queste relazioni abbisognano di “investimenti” e di un’attenzione tesa al loro sviluppo complessivo, anche di natura economica, ma questi ultimi anni ci dicono che c’è un’altra relazione che va costruita e mantenuta, ci sono altri comportamenti, altre sensibilità. Non basta agire sulla leva economica per creare una relazione positiva e produttiva con i collaboratori, così come con tutti gli altri stakeholders. Serve di più, molto di più: una relazione di supporto e di aiuto reciproco, una relazione di cura. Non è un caso che abbiamo finalmente deciso di “investire” sul problema della denatalità, ma questo non ha ancora portato frutti, anzi. Per far invertire la tendenza è oramai chiaro che servirà agire sulla relazione con i giovani e le famiglie per ricreare quella speranza che mina le scelte più importanti. Così come non è bastato a oggi investire sull’ambiente se viene a mancare una cultura della cura dell’ambiente, a cominciare dai comportamenti dei privati cittadini fino ad arrivare all’impresa e alla società nel suo complesso.
Ed è proprio all’interno di questa nuova esigenza dell’impresa di creare e mantenere una relazione di “valore” con i propri stakeholders che si colloca questo nuovo e “antico” comportamento del “prendersi cura”, ovvero di una dedizione costante e premurosa per le persone e le cose che ci sono accanto e di cui abbiamo la responsabilità. Nella vita di ogni giorno, quando desideriamo che un oggetto di valore mantenga nel tempo quel valore, dovremo farlo oggetto delle nostre “cure” e non solo delle nostre attenzioni o investimenti. Allo stesso modo, se desideriamo che una relazione cresca e diventi importante, dovremo riempirla di cure e della nostra vicinanza. Ogni volta che vogliamo o dobbiamo mantenere o creare valore, intrinseco o estrinseco, il concetto di “prendersi cura” diventerà una condizione necessaria e obbligatoria.
Da decenni abbiamo imparato come far crescere la dimensione economica delle nostre imprese, oggi dobbiamo imparare a far crescere gli asset “intangibili” come il “Capitale Umano” o quello “Relazionale”. Quelli che sempre più anche i Report di Sostenibilità impareranno a rendicontare, ma per far crescere questi “capitali” serve una visione di medio e lungo termine, una sensibilità diversa e vera e, soprattutto, dei valori che, uniti alle competenze, sappiano produrre un “vero” valore, destinato a creare valore per l’appunto a tanti e per tanto tempo.
Le fragilità attuali, a partire da quella ambientale per poi finire a quelle che colpiscono la società in genere e le persone che la compongono (le stesse che poi diventano i nostri collaboratori, i nostri partner i nostri clienti) ci portano via via ad una rinnovata attenzione verso quei comportamenti in grado di far fiorire le persone e le situazioni dentro cui viviamo. Una gestione quotidiana che modifica diametralmente lo stile di gestione che per anni abbiamo tenuto nelle relazioni con chi apparteneva al “sistema” dell’impresa e contribuiva al suo sviluppo. Non è un caso che si parla sempre più di economia estrattiva quando il focus è su un’azienda “vecchio stile”, un’economia che, come in una miniera, estrae risorse lasciando il vuoto. E di un’economia generativa, che fa pensare a un orto ben coltivato, dove ogni anno la vita rinasce, dà frutti, proprio perché chi ha coltivato lo ha fatto con cura, con le giuste competenze e, chiaramente, con le giuste risorse.
È un cambio di paradigma e più le risorse ambientali e sociali diverranno carenti, più dovremo provare a lavorare in questa direzione. Per tanti di noi è una sfida difficile ma possibile, a patto di costruire altri valori e altre competenze; per altri, ahimè, forse sarà impossibile, se non modificando comportamenti, credenze ed abitudini duri a morire. Ma questa è la sfida e come Askesis siamo pronti a raccoglierla…