NotaBene – Massimo Folador

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Relazione, complessità e risultati

Sono nato professionalmente nella cosiddetta “Milano da bere”, in un mondo che contemplava una relazione soltanto: quella dell’azienda con i propri clienti. Tutto alla fine girava attorno a questa relazione e le altre erano subordinate e al suo servizio. Per anni ci hanno insegnato ad avere delle relazioni “biunivoche” tese al do ut des immediato, a un “dare per avere” che di fatto finiva per ridursi alla dimensione economica e lasciava poco spazio a tutto ciò che fonda le vere relazioni, quelle che producono valore e durano nel tempo. 

Anche allora l’azienda era un “sistema” retto dalle relazioni tra i protagonisti dello stesso, a partire dai collaboratori, ma l’averle “schiacciate” sulla sola dinamica economica e tese ad un ritorno possibilmente immediato le aveva di fatto rese sterili e con il respiro corto. Il celebre esempio di Adam Smith aveva fatto scuola: la motivazione del macellaio a rispondere e risolvere le altrui esigenze è data soltanto dal suo desiderio di assolvere alle proprie. Non c’era spazio per altro, tanto meno per la qualità della relazione.

Ma è ancora così? Quanto oggi delle relazioni basate sulla fiducia e sul medio/lungo termine contribuiscono al funzionamento della collaborazione con gli stakeholders e, di conseguenza, al funzionamento dell’azienda nel suo insieme? 

Nel 2016, con il quotidiano Avvenire, abbiamo deciso di raccontare storie di aziende che avevano fatto dell’approccio etico al lavoro e della qualità della loro relazione con gli stakeholder un loro tratto distintivo, grazie al quale si erano rese protagoniste di evoluzioni positive importanti. Nel tempo ho avuto l’opportunità di raccontare oltre 60 storie e di avere la conferma di come questo approccio con le sue best practices possa incidere positivamente nella gestione e, di conseguenza, nei risultati economici di un’azienda.

È un tema enorme, determinante per qualsiasi imprenditore o manager alla guida di un’impresa. Tutti noi vorremmo avere una chiave di lettura inossidabile su cui improntare il nostro lavoro ma la diversità dei settori produttivi e delle singole realtà aziendali, ci obbliga ad essere cauti. Ciò non toglie però che esistono dei denominatori comuni tra le imprese che vogliono coniugare sostenibilità, “bene comune” (a mio avviso, il “vero” nome della sostenibilità) e risultati, e la gestione della relazione è senz’altro uno di questi. Provo a sottolineare il perché, con quell’ottica imprenditoriale da una parte e di buon senso dall’altra che, spero, mi connotano.

In fondo fare impresa significa, oggi come allora, interpretare il contesto in cui si è immersi, agire sulle domande del mercato, latenti o patenti che siano, mettere in gioco dei fattori produttivi (le risorse ambientali, economiche e sociali su cui si fonda una strategia sostenibile) e creare così valore. Da questo assunto appare chiaro che se il contesto muta, deve necessariamente anche cambiare il modo attraverso il quale l’azienda si pone come tramite tra domanda e offerta. Ovvero la sua capacità di scegliere le risorse, combinarle, dirigerle e raggiungere il risultato finale.

Una prima risposta al perché la relazione può essere un fattore di miglioramento nella produzione del valore di un’impresa arriva proprio dall’analisi semplice ma non semplicistica delle attività che ognuno di noi mette in campo nella quotidianità: la complessità che oggi avvertiamo come una costante del nostro lavoro è data sicuramente dall’incremento delle variabili in gioco. Pensiamo solo ai tanti sconvolgimenti legati all’ambiente e alle tensioni sociali, ma anche alla crescita delle relazioni tra gli attori in gioco, i cosiddetti stakeholders.

In società e mercati complessi, globali e sempre più intelligentemente artificiali, in un mondo nel quale il web e i social ci hanno “connessi” a prescindere, le relazioni si diramano, spesso si complicano al punto tale da divenire, a volte, caotiche e ingestibili. Per rendersene conto basta analizzare le nuove dinamiche del mondo del lavoro e comprendere che alcune situazioni saranno gestibili solo attraverso soluzioni tese alla multiculturalità, all’incontro intergenerazionale o alla cura delle fragilità sociali.

Sono riflessioni che accompagnano me ed Askesis da tempo ma che forse non sono ancora diventate cultura aziendale e prassi quotidiane diffuse, perché non è ancora preponderante l’idea che se la capacità dell’azienda di produrre un valore sostenibile è data anche dall’apporto continuo e sistematico dei suoi stakeholders, la relazione dell’azienda con gli stessi fonda i risultati che ne conseguono. Lavorare in modo efficace con i collaboratori non è più un vezzo degli imprenditori “illuminati” ma una necessità; creare partnership con i fornitori non è una scelta residuale ma strategica; collaborare con l’amministrazione pubblica o le istituzioni del territorio non è un atto filantropico ma una scelta di grande intelligenza imprenditoriale. E lo testimoniano numerose imprese ad alta reddittività che anche su queste partnership hanno fatto leva nel tempo.

Tornando quindi alla domanda iniziale… Quanto relazioni basate sulla fiducia e sul medio/lungo termine contribuiscono al funzionamento della collaborazione con gli stakeholders e, di conseguenza, al funzionamento dell’azienda nel suo insieme?

La risposta credo sia oggi alla portata di tutti e necessita solo di un po’ di esperienza manageriale e di buon senso.

Perché la relazione con i clienti duri nel tempo serve andare oltre la qualità del prodotto e del rapporto prodotto/prezzo per lavorare sulla dinamica del servizio e, di conseguenza, della relazione.

Per fare in modo che i nostri collaboratori lavorino bene e si instauri un rapporto proficuo serve andare oltre la dimensione economica e attivare una relazione personale e aperta ad altre istanze.

Per far sì che i fornitori diventino dei “partner” e concorrano allo sviluppo dell’azienda serve creare delle relazioni di collaborazione strategiche e tese ad obiettivi comuni.

E sono solo alcuni esempi, forse i più immediati.

In fondo è proprio questa l’essenza stessa della sostenibilità: l’impresa può durare nel tempo e rendere così sostenibile la produzione del suo valore economico a patto di creare delle relazioni “sostenibili” con il sistema dei suoi stakeholder. Relazioni trasparenti, sistemiche, collaborative, capaci di generare un impatto positivo sull’intero sistema impresa.