Notabene – Massimo Folador

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Buona Pasqua, metafora di vita

Ho riflettuto a lungo su quale tema valesse la pena approfondire in questo NotaBene e poi ho pensato che l’occasione fosse unica: l’uscita della newsletter proprio il venerdì prima di Pasqua, un evento che è storia, metafora, simbolo e che può dire molto a chi crede ma anche a chi non crede, ma sa leggere in ogni “luogo” le tracce della vita.

Mi sembra interessante soffermarmi per un attimo su questa storia (questa narrazione diremmo oggi) quanto mai attuale: quella di un uomo che nel giro di pochi anni e, soprattutto, di pochi giorni ha vissuto tutte le emozioni e le contraddizioni che spesso, seppur in maniera infinitesimamente più piccola, possono segnare la vita personale e professionale di ognuno di noi. All’inizio gli onori, poi, il tradimento – anche da parte di persone vicine – la persecuzione e la condanna inflitta da quello stesso popolo che lo aveva osannato e dai “potenti”, avvezzi a dare giudizi spesso ingiusti e sommari. Ed infine la croce, la solitudine, l’amarezza, il dolore.

Se finisse qui ci sarebbe poco da aggiungere perché la storia nei secoli ci ha abituati a tante ingiustizie e a tante immagini tragiche, basta pensare a questi nostri giorni caratterizzati da guerre di cui a volte non riusciamo più a capire l’origine e a prevedere la fine, a tradimenti, ingiustizie, violenze perpetrate spesso sui più deboli e su coloro che rappresentano più di tutti la vita stessa: i bambini. Fermarsi al venerdì santo sarebbe un modo per ricordare quello che conosciamo bene e che preferiremmo fuggire.

Però la storia della Pasqua non finisce qui perché transita dal dolore e da quel simbolo, la croce, che san Paolo definisce come “follia” per i greci, per arrivare alla domenica. Un giorno dimesso e triste per chi ha vissuto quelli precedenti e si è sentito tradito da chissà quali aspettative e che pure si apre con due persone che corrono al sepolcro animati, forse, da un briciolo di speranza residua. Corrono, quasi a presagire qualcosa di inedito, eppure entrando in quel sepolcro vuoto, faticano a capire e ad accettare fino in fondo quello che appare ai loro occhi, pur ricordando ciò che più volte gli era stato prospettato.

Ma “la speranza è l’ultima a morire” e così, nella disperazione di una fine che sembrava certa si fa strada, ancora una volta, una luce, l’ostinazione di chi crede che la vita ha sempre il sopravvento. E così, questa settimana fatta di alti e bassi, di dolore, morte ma anche di resurrezione può diventare simbolo e metafora della nostra vita, tutta la nostra vita: nei suoi aspetti personali e professionali, nel suo incedere tra aspettative riuscite e tradite, tra grandi gioie e rabbie cocenti, tra la sensazione che “tutto è perduto” o che, viceversa, siamo stiamo dando vita ad un futuro nuovo. Faticoso magari ma appassionante e fattibile.

È interessante ricordare proprio oggi questa esperienza totalmente umana, in tutte le sue sembianze culturali, pratiche e spirituali, perché anche noi, oggi più di ieri, abbiamo bisogno di una speranza nuova, di un “surplus” di speranza per evitare che la nostra “settimana” resti immersa nella tristezza del venerdì, anzichè proseguire verso i giorni successivi. Ben sapendo che vivere, facendo ognuno le proprie “imprese”, significa sempre gettare il cuore oltre l’ostacolo, non sottostimare i rischi ma saper vedere le opportunità, avere la consapevolezza che esiste sempre in noi e in chi è vicino a noi una forza che va oltre perché alimentata da qualcosa che è altro.

La Pasqua in fondo ci aiuta anche a comprendere che ci sono dei momenti nei quali serve proprio recuperare la nostra umanità e, di questa umanità, il desiderio di relazione che la anima. È normale nello sconcerto ritirarsi e avere paura, così come è accaduto agli apostoli nelle ore della tragedia, e come accade a noi quando ci rendiamo conto che la complessità ci sovrasta. Più difficile ritrovarsi assieme i giorni successivi, come è accaduto anche a loro, per provare a capire e, soprattutto, recuperare le idee e l’energia che servono per tornare a fare. Ma in certi momenti, proprio scavando nella nostra umanità è possibile trovare quella degli altri, determinate nel progettare il futuro e poi, con un po’ di fiducia, andare ancora più a fondo alla ricerca di quella “spiritualità” che è quanto di più umano noi possediamo. Un’energia, come esprime la parola ebraica “ruah”: respiro, spirito di vita.

Buona Pasqua allora perché possa essere un momento in cui comprendere che il venerdì e la domenica di resurrezione sono due facce della stessa medaglia, due esperienze necessarie al nostro esistere e alla nostra capacità di creare vita.